Tutti sanno che la letteratura è un mezzo d’evasione. I veri lettori divorano compulsivamente generi anche diversi tra loro pur di perdersi tra le pagine di un buon romanzo, come se essere rapiti da un autore fosse il giusto premio alla propria voglia di viaggiare.
Eppure il concetto stesso di evasione è spesso osteggiato dalla critica letteraria più severa che tende invece a relegare il fantastico all’angolo, quasi imbarazzata dal successo di quello che potrebbe essere definito come un fratello “bizzarro”, troppo introverso e con la testa tra le nuvole; uno di quei parenti scomodi che preferisci non invitare a una cerimonia formale, ma con cui scherzare la sera di capodanno. Forse però non a tutti è chiaro il concetto di evasione e men che meno di fantastico, in fondo a chi non piace viaggiare? Da Omero a Virgilio, da Dante Alighieri a Jules Verne, da Ludovico Ariosto a Neil Gaiman, passando per Italo Calvino, Michael Ende, H.G. Wells, J.R.R. Tolkien, Goethe e Fyodor Dostoevsky, non è certo un caso se il fantastico ― in tutte le sue declinazioni ― abbia da sempre conquistato un pubblico assai vasto. Se la sua fortuna può spesso essere ricercata in un’insolita chiave interpretativa utilizzata per scardinare tematiche ed emozioni profonde, è innegabile come la promessa di mondi nuovi sia il perfetto amo per chiunque si definisca un lettore con la “L” maiuscola. D’altro canto sono secoli che i narratori di tutto il mondo esplorano la nozione di viaggio, cercando di ricreare l’esperienza ultima. A tal proposito è pur vero che ogni epoca ha i suoi mondi da conquistare adattandosi al gusto e alle necessità del suo pubblico. Se col romanticismo abbiamo avuto una predilezione per tutto quello che concerneva il mistero e il soprannaturale, è col secondo dopoguerra che la fantascienza spicca il volo prendendo le distanze da quanto precedentemente pubblicato su riviste come Amazing stories (1926). Discorso simile per il Fantasy, capace di adattare la tradizione mitologico-folkloristica da sempre presente nel panorama della cultura mondiale, al ciclico insorgere di nuove pulsioni letterarie. Ecco allora che dalla Terra di Mezzo il lettore di fantastico moderno alza lo sguardo al virtuale. Nell’era delle connessioni non stop, dell’AI e dei videogiochi sullo smartphone, il LitRPG entra a gamba tesa sulla letteratura d’evasione fornendo un prezioso assist soprattutto a quei lettori definiti più “deboli”. Catapultati nella familiarità di un mondo a loro vicino, i lettori di LitRPG possono infatti visitare realtà aliene e vivere esperienze fantastiche affidandosi alle confortevoli dinamiche di un MMORPG. “Un cavallo di Troia” per citare Omero, o un “Troyan” per restare sul linguaggio informatico, capace di sdoganare l’intrattenimento letterario a 360 gradi e avvicinare alla lettura chiunque desideri viaggiare al costo di un libro.
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Kaiju, un nome che sino a ieri in ben pochi conoscevano, ma che adesso saltella sulla lingua di molti insieme a parole come nerd, RPG, pokè e deepfake. A partire dalle acclamate serie manga Kaiju No. 8 e Kaiju girl caramelise per arrivare al successo di Kaiju: Battlefield Surgeon, il termine kaiju sembra destinato a tormentarci per tutto il 2024, ma cos’è davvero un kaiju? Tutti ne conoscono almeno uno, da Godzilla a King Kong, senza dimenticare Gamera e Clifford The Big Red Dog, ma questo non aiuta a spazzare via i dubbi su cosa effettivamente lo contraddistingua. Secondo i fan, un “kaijū” è una qualsiasi creatura di dimensioni significativamente grandi, sia esso un mostro, una specie preistorica ormai estinta o una mutazione di qualche tipo. Appurata la questione relativa alle dimensioni resta da valutarne la radice etimologica. A essere onesti le origini del termine sono piuttosto incerte, ma risalgono comunque alla letteratura e nello specifico al folklore giapponese. L'uso della parola nel suo contesto moderno è generalmente attribuito al film The Beast from 20000 Fathoms - La bestia da 20.000 braccia (1953), una pellicola che includeva il termine "kaiju" nel poster e nel materiale pubblicitario che accompagnava la sua uscita nelle sale cinematografiche. A partire da questo giorno, tutti i film di fantascienza incentrati su “creature giganti” iniziano ad adottare il termine kaiju; ne è un esempio proprio Gojira - Godzilla (1954) di Ishirō Honda, pellicola fondamentale per la storia del cinema a cui indissolubilmente si lega la fama e il successo dei Kaiju. L'uscita di Godzilla non ha soltanto avuto un impatto significativo sull’industria cinematografica giapponese, ma sull’intera cultura pop mondiale. Grazie a questo film vengono infatti gettate le basi per un genere meglio noto come "tokusatsu" e di cui faranno parte anche la maggior parte di pellicole dedicate ai successivi kaiju.
Anche se i fan tutt’oggi si divertono a discutere quali siano i requisiti di grandezza per definire un "kaiju", la verità è che il termine è stato spesso applicato in modo piuttosto flessibile. In fin dei conti come si può valutare qualcosa di gigantesco? Un mostro è pur sempre un mostro, poco importa sia alto uno o due palazzi. A mettere tutti d’accordo è però il titolo di “re” dei kaiju. In termini di fama mondiale non può che vincere Godzilla, anche se lo stesso studio di produzione legato al celebre franchise ― Toho ― si è dato da fare per creare un pantheon estremamente variegato. Da Rodan (che somiglia a uno pteradon), a Mothra (una falena gigante) passando per King Ghidorah (un drago a tre teste, come un'idra), senza dimenticare le creature della serie Ultraman e in particolare le figure di Zetton e Bemular. Malgrado l’origine dei kaiju sia appunto giapponese, non possiamo però non menzionare il fiore all’occhiello della produzione americana, sua maestà King Kong. L’enorme gorilla preistorico è tanto celebre da aver incrociato per ben tre volte lo stesso Godzilla sul ring cinematografico in King Kong vs. Godzilla (1962), Godzilla vs. Kong (2021) e Godzilla x Kong - The New Empire (2024) Sebbene possa non essere un libro adatto a tutti i lettori, Kaiju: Battlefield Surgeon di Matt Dinniman offre un'esperienza elettrizzante e coinvolgente per coloro che sono pronti ad affrontare un'avventura letteraria al di là dei confini del convenzionale e delle tipiche aspettative dei lettori di genere.
Ecco cinque motivi per cui dovresti considerare di immergerti in questo mondo ricco di tensione, monster-horror e azione degna di un military movie. 1. Un litRPG unico e standalone Kaiju: Battlefield Surgeon sfida le convenzioni letterarie combinando il genere litRPG con l'horror, risultando in un'esperienza narrativa unica nel panorama dei romanzi di questa nicchia. Il protagonista è intrappolato in un gioco di realtà virtuale, mentre il lettore viene trascinato in un mondo oscuro e claustrofobico di violenza, torture e terrore. È una lettura che sfida le aspettative e apre nuove frontiere nella narrativa. In più il lettore occasionale o assediato da mille saghe interminabili può godersi una avventura autoconclusiva. 2. Tensione e Suspense alle stelle Nonostante la sua natura cruda e spesso disturbante, Kaiju: Battlefield Surgeon è una lettura che tiene il lettore con il fiato sospeso fino all'ultima pagina. Dinniman riesce a mantenere un ritmo serrato e ad alimentare la suspense con colpi di scena inaspettati e incredibili svolte narrative. 3. Personaggi Memorabili I personaggi di Kaiju: Battlefield Surgeon sono ben sviluppati e complessi, con sfaccettature che emergono gradualmente attraverso la narrazione. Dai protagonisti ai personaggi secondari, ognuno ha il proprio arco narrativo e contribuisce in modo significativo alla trama. L'affetto per i personaggi è palpabile, e la loro lotta per la sopravvivenza e la redenzione risuona nel cuore del lettore. 4. Storytelling accattivante Nonostante gli elementi super violenti e il terrore, la prosa di Dinniman è impeccabile e coinvolgente. L'autore dimostra una padronanza della lingua e una capacità di creare immagini impressionanti e atmosfere densissime. 5. Un Finale MOSTRUOSO Kaiju: Battlefield Surgeon offre un finale che lascerà il lettore senza fiato. Con svolte narrative sorprendenti e rivelazioni scioccanti, Dinniman chiude il romanzo con maestria, lasciando il lettore desideroso di più. Ma la una conclusione soddisfa appieno nella sua natura stand-alone, in realtà vorrai tornare a nuotare nella follia di Matt Dinniman dopo questo romanzo pazzesco. |
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