Quando si parla di realtà virtuale si fa riferimento a un ambiente 3D simulato che consente agli utenti di esplorare e interagire con un habitat appunto virtuale, richiamando la realtà così come percepita attraverso i sensi. L'ambiente è spesso creato mediante l’uso di hardware e software, anche se da soli non bastano. Spesso gli utenti hanno infatti bisogno di indossare dispositivi come caschi od occhiali per interagire con l'ambiente ricreato. Quanto più profondamente questi riescono a immergersi nella VR ― e a isolare l’ambiente fisico circostante ― tanto più saranno in grado di sospendere la propria convinzione e accettarla come reale, seppure di natura meramente fantastica.
Malgrado ci sia ancora molta strada da percorrere prima di poter sperimentare un’immersione il più fedele possibile alla realtà, l’evoluzione tecnologica ha fatto passi da gigante per quanto concerne il coinvolgimento sensoriale realistico. Malgrado si pensi a un fenomeno piuttosto recente, la realtà virtuale affonda le proprie radici negli anni ’50. A questo periodo risalgono infatti i primi tentativi di creare universi virtuali. Bisognerà tuttavia aspettare un decennio, e più precisamente il 1962, perché Morton Heilig ― uno dei pionieri della realtà virtuale ― riesca a creare il primo cinema immersivo della storia, il Sensorama. Un complesso dispositivo meccanico capace di proiettare cinque pellicole che coinvolgono tutti i sensi degli spettatori. Il primo vero prototipo risale però al 1968, quando Ivan Sutherland crea un dispositivo futuristico chiamato The Sword of Damocles - La spada di Damocle sino a oggi considerato come l’antenato del moderno visore. A questa invenzione segue l’Aspen Movie Map, un progenitore delle moderne mappe interattive, anche se per coniare il termine “realtà virtuale” si deve attendere il 1989 e gli scritti del visionario Jaron Lanier, a sua volta fortemente influenzato dal concetto di cyberspazio, introdotto qualche anno prima dallo scrittore William Gibson. Con gli anni ’90, complice la rapida ascesa di tecnologie sempre più avanzate, la realtà virtuale diventa tema portante sia al cinema che nella fiction letteraria. Molti ricorderanno pellicole come Total Recall (1990), Bis ans Ende der Welt – Until the end (1991), The Lawnmower Man – Il Tagliaerbe (1992), Mindwarp (1992), Arcade (1993), Evolver (1995), Hackers (1995), Virtuosity (1995), Darkdrive (1997), Nirvana (1997), Matrix (1999), eXistenZ (1999), The Cell (2000) e romanzi del calibro di Snow Crash (1992) di Neal Stephenson, Rim: A Novel of Virtual Reality(1994) di Alexander Besher, The Hacker and the Ants (1994) di Rudy Rucker, Virtual War (1997) di Gloria Skurzynski e Tea from an Empty Cup (1998) di Pat Cadigan. Da semplice suggestione a presenza incontrastata nel nostro quotidiano, la realtà virtuale ottiene sempre maggior interesse da parte degli appassionati del fantastico. Ecco allora che l’avvento del LitRPG coglie l’occasione e ingloba il concetto di VR all’interno della propria narrazione come strumento di viaggio e meccanica centrale per stabilire quell’inscindibile legame col protagonista che contraddistingue il genere LitRPG. Un avatar virtuale a garantire la massima espressione di immedesimazione e intrattenimento.
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